Napoli. Sono ‘parziali’ riproduzioni le macchine anatomiche che sono custodite nella Cappella di Sansevero nel cuore del centro storico di Napoli.
Questo l’esito di uno studio portato avanti da un’equipe scientifica interdisciplinare guidata da Domenico Galzerano responsabile dell’ecocardiografia della Divisione di cardiologia riabilitativa dell’ospedale San Gennaro di Napoli e pubblicato dalla rivista Fenix diretta da Adriano Forgione. Secondo quanto emerso dall’analisi, lo scheletro delle macchine anatomiche è reale, umano, mentre l’ipotesi «più accreditata» è che l’apparato cardiovascolare sia una riproduzione.
Lo studio – come spiegato da Galzerano – è stato effettuato sui grossi vasi e sui piccoli distretti come quello coronarico «che – ha detto il cardiologo – nel Settecento, epoca in cui visse Raimondo di Sangro principe di Sansevero, non erano conosciuti nel dettaglio». La ricerca, dunque, si è focalizzata sull’analisi «di dettaglio dell’anatomia del sistema cardiocircolatorio». Le risposte giunte sono state definite «dei paradossi perché – ha affermato Galzerano – i grossi vasi che dovevano essere perfettamente riprodotti presentano alcune anomalie che sono tuttavia compatibili con la vita, mentre il sistema coronarico, all’epoca quasi sconosciuto, è riprodotto perfettamente».
Un risultato che ha portato il medico a definire il principe di Sansevero «un geniale antesignano di tecniche riproduttive cardiovascolari che saranno usate solo nel secolo successivo». Una ricerca che se da un lato – come evidenziato dal giornalista e scrittore Maurizio Ponticiello – «chiude una pagina di storia, dall’altro forse apre a misteri ancora più inquietanti». Il «grande enigma» che emerge è che sono «perfettamente riprodotte» parti del sistema cardiocircolatorio che, dal punto di vista medico e scientifico, sono state coperte soltanto un secolo dopo. Lo studio, pertanto, afferma che le macchine anatomiche «non sono corpi conservati grazie all’impiego della formalina, ma sono ossa reali il cui sistema vascolare venoso e arterioso è stato creato artificialmente attraverso una conoscenza superiore rispetto a quella dei tempi».
Alla presentazione dello studio, tra gli altri, ha partecipato l’assessore alla Cultura della Provincia di Napoli Francesco De Giovanni di Santa Severina. A moderare il dibattito, il caporedattore de Il Mattino Vittorio Del Tufo.
FONTE www.ilmattino.it
Ricordiamo che “I Principi di Sansevero” risalgono al 1579 allorquando all’apice del suo prestigio ma soffocata dal debito contratto nel 1521, la città fu venduta al duca Gian Francesco di Sangro, che ottenne per i suoi eredi il titolo di “Principi di Sansevero”. Di conseguenza essa perse il rango di capoluogo, che passò a Lucera, dove si trasferirono il governatore della provincia e il tribunale.
Pessimo fu il rapporto dei cittadini coi nuovi feudatari,che non mancarono di inacerbire i sudditi con atti spregiudicati e tirannici. Molte famiglie dell’antica aristocrazia sanseverese scelsero subito di lasciare la città e quelle che restarono assistettero impotenti all’esautorazione del Regime dei Quaranta.
L’infeudamento segnò l’inizio di una fase di declino, nonostante la promozione della città a sede vescovile nel 1580. Il 30 luglio del 1627 un catastrofico terremoto,la cui eco superò i confini nazionali, la rase al suolo quasi completamente e provocò la morte di ottocento abitanti e di un imprecisato numero di forestieri. La ricostruzione fu piuttosto lenta, nonché frenata dall’epidemia di peste del 1656 e 1657 (vi persero la vita circa tremila cittadini), ma nel Settecento la città rifiorì, dandosi fisionomia marcatamente barocca. (FONTE WIKIPEDIA SAN SEVERO)